Discussione sul Claustro

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 16 settembre 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: DISCUSSIONE/AGGIORNAMENTO]

 

Sebbene molti neurofisiologi ritengano ancora che la funzione del claustro sia un mistero, lavorando sulla traccia ereditata da Francis Crick di un ruolo nella coscienza, sono state definite numerose proprietà e proposte ipotesi di notevole verosimiglianza, basate su solide evidenze sperimentali. Il mistero comincia a chiarirsi, ma i progressi della ricerca stanno aprendo nuovi orizzonti che sollevano interrogativi di più ampia portata sull’organizzazione dinamica delle reti alla base dell’attività psichica.

Prendendo le mosse dalla convinzione condivisa di un insegnamento ancora carente su questa struttura dell’encefalo, i membri della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia hanno dato vita ad un incontro nel corso del quale sono state presentate rassegne, sintesi e discussioni su singoli aspetti della ricerca sul claustro, allo scopo di individuare argomenti e dati da proporre nei corsi universitari e nella didattica specialistica.

Dopo l’introduzione storica e due sessioni dedicate rispettivamente all’anatomia e allo sviluppo, è stata affrontata la questione cruciale della fisiologia, seguendo il taglio dato da Helen Sherk alla trattazione dell’argomento nella principale monografia sul claustro[1]. Qui di seguito si propongono in estrema sintesi i contenuti principali.

La ricerca sulla fisiologia del claustro ha avuto inizio negli anni Settanta, ma il numero dei lavori fino ad oggi pubblicati è veramente esiguo, soprattutto se si paragona a quello di altre formazioni grigie della base del telencefalo. Le ragioni sono facili da comprendere: la localizzazione e, soprattutto nei cervelli di maggiori dimensioni, la forma del claustro rendono molto difficile la rilevazione dell’attività neuronica mediante elettrodi; allo stesso modo, la sua estrema sottigliezza nell’uomo, poco si adatta ai metodi di neuroimmagine funzionale. Un altro aspetto di questa ricerca, molto interessante e poco noto, è che lo studio sistematico della fisiologia del claustro è stato intrapreso soltanto in due specie: il gatto (Felis silvestris catus) e il macaco (Macaca, varie specie).

Nel gatto le connessioni consentono di distinguere nel claustro zone precise, quali la zona visiva, la zona somatosensoriale e motoria, le zona uditiva e la zona ventrale. Nel macaco, invece, è difficile dividere il nucleo in aree discrete, anche se nella parte ventroposteriore si riconosce una zona visiva dai limiti indefiniti. Le connessioni con la corteccia in entrambi gli animali sono state studiate in dettaglio. Gli assoni che vanno dal claustro alla corteccia erano tradizionalmente ritenuti eccitatori (da Costa et al., 2010; LeVay, 1986), ma si è rilevato che la stimolazione elettrica del claustro nel gatto sopprime lo sviluppo di potenziali d’azione nelle cellule corticali di varie aree, inclusa l’area 4 (M1) e l’area motoria supplementare 6. Anche l’area visiva 17 risulta soppressa dalla stimolazione del claustro, in vari esperimenti; tuttavia è stata rilevata anche un’eccitazione di breve durata, compatibile con le sinapsi eccitatorie claustro-corticali formate sui dendriti dei neuroni della corteccia cerebrale[2]. Questi risultati devono essere considerati con cautela, perché variazioni minori possono sfuggire al rilievo negli studi di lesione e, negli studi su animali anestetizzati, possono passare inosservati cambiamenti motori o cognitivi.

Sono numerose le ipotesi sui ruoli funzionali del claustro, ma solo poche hanno riscosso i consensi o quantomeno l’attenzione della comunità neuroscientifica. La maggior parte delle tesi si focalizza sul fatto che l’informazione dei diversi canali sensoriali converge su questo nucleo in zone separate, e che l’uscita dal claustro verso gran parte della corteccia fornisca un’interazione intermodale.

Le due principali ipotesi in campo sono quella di Crick e Koch[3] e quella detta del “mismatch[4].

Francis Crick, premio Nobel per la scoperta della struttura del DNA con Watson e Wilkins, e Christof Koch, neuroscienziato presidente dell’Allen Institute for Brain Science di Seattle, nel 2005 hanno ipotizzato che il claustro colleghi differenti modalità di un evento del mondo reale per creare una percezione altamente significativa. Ad esempio, nell’esperienza di una scimmia nel suo ambiente naturale, la percezione fugace nel fogliame di una piccola area di pelliccia a macchie, associata ad un fruscio proveniente dallo stesso luogo, grazie alla sintesi del claustro, evocherebbe nel cervello il significato della presenza di un leopardo nascosto nella vegetazione. Si deve però notare che una sperimentazione diretta a verificare questa ipotesi (Remedios et al., 2010)[5] ha rilevato che né risposte visive, né risposte uditive erano accentuate nel claustro quando si accoppiavano gli stimoli visivi e acustici. Questo risultato è stato considerato da alcuni sufficiente ad invalidare l’ipotesi di Crick e Koch, ma si deve osservare che l’esito di questa sperimentazione non è facile da interpretare. Infatti, le immagini dei filmati usati come stimoli potrebbero non essere state interpretate dalle scimmie come significative in termini comportamentali, perché le risposte più forti erano brevi ad insorgenza non specifica, mentre al contenuto del film in generale le risposte elettriche dei neuroni erano assenti o debolissime.

Una maggiore difficoltà con questa tesi riguarda l’anatomia interna del claustro. L’ipotesi richiede l’integrazione tra zone che elaborano modalità sensoriali differenti – in questo esempio visiva e uditiva – per cui gli assoni intraclaustrali devono collegare fra loro zone diverse del nucleo, come avevano precisato nel 2005 gli stessi Crick e Koch[6], ma già due anni dopo Rahman e Baizer, dopo una accurata revisione dei lavori morfologici pubblicati fino allora, concludono: “Nonostante numerosi studi anatomici del claustro […] c’è un’informazione sorprendentemente limitata circa le connessioni interne”[7]. Se ritorniamo agli studi pionieristici di Camillo Golgi, rispetto ai quali non vi sono state grandi novità, leggiamo di ricche arborizzazioni assoniche piuttosto confinate localmente, nel claustro di gatti e scimmie, interpretabili come appartenenti ad interneuroni inibitori, secondo quanto verificato da studi successivi nell’uomo (Braak & Braak, 1982)[8]. Tali dati morfologici indicano una prevalente funzione di controllo inibitorio, e il corto raggio dei collaterali assonici poco si addice ad un supposto ruolo di connessione fra zone diverse del nucleo.

La seconda ipotesi, avanzata dagli stessi curatori della citata monografia sul claustro, ossia John R. Smythies, Lawrence R. Edelstein e Vilayanur S. Ramachandran, propone che il mismatch o discordanza fra un’informazione sensoriale e l’aspettativa cerebrale attiva il claustro, che elabora questa discrepanza ed invia informazioni alla corteccia cerebrale. In particolare, seguendo gli stessi autori dell’ipotesi in un loro esempio con la percezione visiva, si ritiene che un segnale di discordanza sia inviato dal talamo al claustro quando l’input sensoriale in arrivo non corrisponde “all’aspettativa del cervello su come l’informazione dovrebbe essere”[9]; allora il claustro invia una raffica di potenziali d’azione a frequenza γ, ossia all’incirca 40 Hz, alla corteccia visiva in corrispondenza della specifica localizzazione retinotopica. Tale segnale, secondo l’ipotesi, è propagato all’interno del claustro e successivamente è inviato ad altre aree della corteccia cerebrale, sensoriali non visive e motorie. Helen Sherk è lapidaria: “L’attuale comprensione delle proprietà fisiologiche dei neuroni claustrali è insufficiente per valutare questa ipotesi. Per verificare una risposta di discordanza, si dovrebbero registrare i neuroni del claustro di un animale sveglio che ha delle aspettative circa gli eventi futuri, cosa che non è stata tentata”[10].

L’ipotesi della discordanza implica una previsione, ossia che i neuroni del claustro presentino risposte multimodali, e tale previsione può essere verificata. Se ci basiamo sugli studi ormai classici di Olson e Graybiel (1980) e di Sherk e LeVay (1981), non disponendo di altri più recenti, dobbiamo dire che risposte multimodali nelle cellule nervose del claustro non sono state trovate.

Un ostacolo all’ipotesi della discordanza, maggiore di quello costituito dai problemi fisiologici, viene dall’anatomia. Il segnale di discordanza dipende da una attività retinotopicamente precisa, riverberata dal corpo genicolato laterale, attraverso il nucleo reticolare del talamo e poi i nuclei intralaminari talamici, per giungere al claustro (Kolmac e Mitrofanis, 1977)[11]. Ma, come è noto, non esiste un’organizzazione retinotopica nei nuclei intralaminari (Salin, et al., 1989)[12]. L’ipotesi implica poi un’attività propagata all’interno del claustro dalla zona visiva alle zone somatosensoriali e ventrali, ma finora non è stato individuato un sostrato anatomico per tale propagazione del segnale.

Infine, un ruolo del claustro nella sincronizzazione di aree della corteccia distanti fra loro sembra davvero poco probabile. Gli assoni claustro-corticali sono di piccolo calibro e conducono molto lentamente: un’ipotetica raffica di potenziali d’azione proveniente dal claustro non avrebbe la velocità per generare una sincronizzazione, attraverso il rientro, fra aree distanti.

 

A questo punto la discussione è stata sospesa, ma si intende riprenderla la prossima settimana.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-16 settembre 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Helen Sherk, Physiology of the Claustrum (Ch. 5, pp. 177-191) in John R. Smythies, Lawrence R. Edelstein, Vilayanur S. Ramachandran (eds), The Claustrum - structural, functional and clinical neuroscience. Elsevier AP, 2014.

[2] Cfr. Helen Sherk, op. cit., p. 186, 2014.

[3] Crick F. C. & Koch C., What is the function of the claustrum? Philos. Trans. R. Soc. Lond. B. Biol. Sci. 360, 1271-1279, 2005.

[4] Smythies J., Edelstein L., Ramachandran V., Hypotheses relating to the function of the claustrum. Front. Int. Neurosci. 6, 1-16, 2012.

[5] Cfr. Helen Sherk, op. cit., p. 187, 2014.

[6] Crick F. C. & Koch C., op. cit., 2005.

[7] Crf. Rahman e Baizer, Brain Research 1159, 94-111, 2007, cit. in Helen Sherk, op. cit., p. 187, 2014.

[8] Braak H. & Braak E., Neuronal types in the claustrum of man. Anat. Embryol. 162, 475-488, 1982. Vedi anche altri studi citati in Helen Sherk, op. cit., p. 187, 2014.

[9] Smythies J., et al., op. cit., p. 2, 2012.

[10] Helen Sherk, op. cit., p. 188, 2014.

[11] Cit. in Helen Sherk, op. cit., p. 188, 2014.

[12] Cit. in Helen Sherk, op. cit., ibidem.